A fine settimana finisce la corsa, la casa mi abbraccia, la pila d’energia, un prolungamento delle antenne.
Mi restituisce la voce, la morbidezza, la riflessione. Guarisco.
Il silenzio della casa è una paratia, un prato che resta per sempre cresciuto a metà, senza erbacce.
Il ponte di comando del letto ha molti tasti: telecomando, computer, portatile, cellulare.
I comodini sono le ali del battello volante. Dietro i cuscini da re c’è il grande telo con l’albero blu, per ricordarmi di non fermare le gemme.
I libri sono spartiti dai pettini degli scaffali.
Il televisore fu comprato per guardare in grande le immagini di Doctor Who; dopo che Moffat sbagliò l’ottava stagione lo uso per il resto del mondo da vedere: è la botola della soffitta magica, l’oblò della barchetta per i viaggi in solitaria.
Ogni giorno si frammenta in migliaia e milioni di momenti così grandi da poterci entrare dentro, fermare il tempo e arredare uno spazio colorato che si trasforma.
La borsa capiente di Mary Poppins è un pretesto per inventare qualsiasi oggetto o canzone che si voglia.
Cosa si paga in cambio di tanta fortuna? Il dolore di dovere rompere i fili magici intessuti con gli umani incontrati.
Lo insegna il telaio di legno: ogni tanto la donna spezzava il filo tenendolo fra i denti.
Il filo prima o poi finisce.
Poi, resta il tappeto. Della storia, il ricordo.