
Mio padre era già morto, e transitavo dal misticismo cattolico dell’infanzia alla convinzione di essere atea. Sorrido.
Il principio degli anni novanta e due eretiche come me, incontrate all’Università di Lecce, Lettere e Filosofia. Francesca e Sandra. Francesca, una potenziale scrittrice, donna di teatro, selvatica e intensa “cercatrice”. Sandra era la filosofa, perché portata all’astrazione; magica: percettiva, sensibile. Ci raccontavamo i nostri sogni, afferravamo a manciate la poesia ogni giorno, insieme.
L’ateneo era terreno fecondo per incontri di questo genere, fucina di personalità pure, intelligenti, che pensavano, e pensano oggi come allora, fuori dagli schemi.
Un giorno, sulle scale dell’Ex GIL una ragazza, la leader dei CIELLE, mi prospettò una settimana ad Assisi…abilmente, tracciò il disegno affascinante di un monastero immerso nel verde.
Convinsi le mie amiche a partire, sembrava una situazione adatta al nostro temperamento; e costava poco.
Già in treno ci guardavamo perplesse e vagamente spaventate dalle canti di chiesa cantati schitarrando ad alta voce dal gruppo negli scompartimenti vintage.
Poi, inorridimmo, arrivando a Santa Maria degli Angeli, perché la nostra destinazione in realtà era una specie di carcere “motivazionale” dove avremmo dovuto seguire una specie di redenzione obbligatoria. Altrimenti, saremmo bruciate all’inferno.
Ci consultammo, disperate, dopo aver avuto un crollo emotivo. Ricordo Francesca accasciata su una panchina.
– “Dopo la gita collettiva ad Assisi di domattina, fuggiremo” – decidemmo come i tre moschettieri di Francia prima di un attacco al nemico, le tre mani una sopra l’altra.
La mattina, quindi, seguimmo svogliate il corteo dei giovani ipercredenti fino ad Assisi. Poi, non ricordo come accadde, io mi trovai da sola, come in un sogno, accanto a una suorina a cui parlai delle mie ellissi esistenziali.
Intanto un monaco francescano magro e affascinante, Padre Paul, stava finendo di parlare alla folla composta dai miei compagni di viaggio, e lei me lo presentò.
Lui ed io scendemmo giù da una collina estiva con un sole gigante che le stava correndo dietro. Lui era americano, un passato da alcolista, da uomo di teatro. Poi, la conversione. Vieni a San Masseo, disse, è il posto per te.

Andai a prendere le mie due amiche, avvertimmo i secondini, e la mattina dopo ci trasferimmo in un posto dove si coltivava la terra, si mangiavano i suoi frutti, si viveva con persone di ogni religione, e la mattina si andava attraverso un sentiero polveroso ad ascoltare le Lodi Mattutine dentro una piccola cappella commovente del secolo mille, nella luce incerta e confortante di candele di cera d’api e misticismo.
Due settimane a rinvigorirci a San Masseo, a respirare aria di avventura, nuove atmosfere, che si intonavano perfettamente ai nostri cappelli di paglia.
A ignorare le mosche, a mangiare minestrone da pentoloni enormi, e il pane impastato e infornato dalle nostre mani.
E Padre Paul mi consigliò di sconfiggere il mio cuore, diventato di pietra – citandomi il passo evangelico – schiacciato da un passato che me l’aveva pestato, amaro e oscuro.