Ascolto le storie. La tela bianca del giorno

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Non so che accada perché quest’anno ha ben tredici lune, per via delle congiunture astrali, ma certe giornate sono tela bianca, ben distesa dentro cornici semplici e grezze. Mi metto al centro della scena, non decido nulla; il regista non si fa vedere, è andato a farsi un bicchierino al bar.
Mentre parcheggio davanti il parrucchiere, una sedia a rotelle schizza come una scheggia. Una bella donna con gli occhi azzurri e capelli grigi volteggia come un cigno nel mezzo della strada. Metto le quattro frecce, e scendo.

La riconosco: mi racconta della sua casa, non le piace cucinare ma creare oggetti.
La badante ha imparato a farsi i fatti suoi, voleva limitarla, si lamentava dello sporco che faceva quando lavorava alle sue cose.
Alcune vertebre sono collassate. Porta il busto. Non può fare tutto quello che faceva prima.
Alla fine viene fuori che non ha mai avuto il coraggio di trasformare il salotto borghese in studio d’arte. Usa il tavolo del salotto. Non è la stessa cosa, le dico.
Pochi riescono a disintegrare i condizionamenti pesanti che implorano: non dare acqua, ti prego, alla pianta del talento! Resta minuscola. Resta viva a metà.

Esco dal parrucchiere, piega, ore di tempo libero, altra acqua che nessuno possiede in quantità esatta. Beviamo le poche gocce di ossigeno, cercando di dimenticare le gabbie in cui stringiamo il corpo, ad altezza vita.

Mentre mi dirigo sbattendo i tacchi delle scarpe nuove in Piazza Enrico Berlinguer (quanto durerà l’intitolazione, mi chiedo, di questi tempi neri) vedo lei.

Settantacinque anni, la parrucca un po’ leziosa a causa della chemio.
Questa donna anticonvenzionale non ha molto tempo davanti a sé, da vivere.
Ma sorride. Sta facendo un pic-nic.
Io adoro i pic-nic, mi dice. Ti faccio compagnia, le dico.
Lei forse immagina che io sappia, io non lo do a vedere.
Lei non ha bisogno di commiserazione, perché è forte.
Ha bisogno solo di qualcuno che ascolti le sue storie, dei suoi campeggi, di quello che ha fatto due anni fa – l’ultimo, le scappa detto – in treno, portando la tenda e le attrezzature pesanti su un carrellino, da sola. Mia figlia mi ha rimproverato.  Infatti, dopo mi è toccato andare dall’ortopedico.
Però, le chiedo, ti è piaciuto? Prima, dico, di andare dall’ortopedico, al ritorno.
Sì, mi è piaciuto. Molto, mi è piaciuto.
Era a mio padre, che piaceva il campeggio, mia madre restava a casa.
Lei è selvatica, eccezionale, ha dovuto convivere per decenni con persone che a malapena la capivano.
Ora è gravemente ammalata, ma si gode, sorridendo un pic-nic.
E sorride.

2 pensieri riguardo “Ascolto le storie. La tela bianca del giorno

  1. Prime parole che attirano il mio sguardo…
    Mi sento proiettata in un luogo speciale, in una strada simile ad un labirinto…
    Ma la sensazione non è certo di sgomento, di ansia di trovare qualche imprevedibile sorte del destino.
    No! Sono completamente rassicurata dalle parole, le tue, che mi fanno proseguire in questo luogo speciale, anzi …più scorgo i loro volti, più mi sento rasserenata, perché comprendo, fin dall’inizio, che saggiamente mi conduce in quella che d’ora in poi chiamerò “La strada della verità”. Ed è la verità di chi sa far vivere al lettore, con la vitale “alchimia” delle parole, il senso profondo di una strada che, a volte, tentiamo di disconoscere.
    E queste tue parole, così vere, nascono da un dono speciale che possiedi, virtù di pochi: dalle linee di un volto, dal suo tono espressivo, sai cogliere la melodia della sua vita, quel concerto che il volto ha suonato con il ritmo degli eventi. In quel dialogo s’accordano come strumenti tutti gli eventi, comprese le disgrazie, compresa la voce del talento.
    Cara Amica, possiedi il dono del grande Leonardo da Vinci che si soffermava sulle strade di Firenze, ai mercati, per tratteggiare l’anima di ogni uomo, di ogni donna.

    E ora che sono arrivata alla fine di questo tuo splendido scritto, vado dentro, e odoro ogni particella profumata di questa strada della verità, ricordando per sempre queste tue parole:
    ” Lei è selvatica, eccezionale, ha dovuto camminare per decenni con persone che a malapena la capivano”
    Ecco, questa è l’unica strada che rende testimonianza della bellezza, unica e inconfondibile, di questa nostra esistenza.
    Un grazie infinito per questo tuo splendido scritto!
    Ti mando un caro saluto
    Adriana

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    1. sei davvero cara a leggermi aprendo la tua empatia, mettendoti in connessione con la mia scrittura, che è vita. Un abbraccio grande. Non è facile riuscire a portare chi mi legge in un’altra dimensione, qualcuno lo fa, qualcuno non vuole aprire certe porte… tu sei una perfetta viaggiatrice 🙂

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