Perché ti amo, per le luci accese

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Sento un’amica dell’anima al telefono
un vocale è una lettera con la voce.
A lei si risponde con un’altra lettera.
Scaliamo le montagne analizzando l’essenza
entrando in profondità.

A fine estate ero ancora felice, completa come una moneta.
Vivevo dentro un castello, quasi come principessa.
Ma l’imprevisto mi ha riportato nel bosco
a riprendere la strada dell’eroe:
Il dovere è seguire le voci degli alberi.

Avrei voluto che fossi la controparte.
Ma ti hanno mandato a me solo come monito, così mi dici.
Non puoi rinascere. Saluto con la mano e con le lacrime
costretta a seguire le foglie, per chiedere dove portano.

Avevo perso la memoria, ora me ne ricordo.
Sei stato tu a schiacciare la pelle del serpente
facendomi svegliare
in un nuovo sogno, più reale.

Ti lascio, a malincuore, nell’indistinto
delle tue sacre ripetizioni
ma ricordati che, a dispetto delle ombre
e per le luci che si sono accese
io ti ho amato.

I diari di Anaïs Nin, l’incontro con Henry Miller: la scrittura, il corpo, l’erotismo

Per Anaïs immaginare un personaggio, inventare una linea di racconto è disturbante, significa imporre una struttura definita al principale oggetto d’osservazione – l’esistenza – che, invece, è un flusso in continuo movimento: vuol dire “imbalsamare” il vivente. La priorità assoluta della scrittrice è evolversi; scrivere di sè e delle persone incontrate in un diario dà la possibilità di registrare in pagine successive cambiamenti occorsi, prese di consapevolezza. Si può rimediare a qualcosa. Si può andare oltre.”

Le mie annotazioni sulla rivista di Nicola Vacca “Zona di disagio”

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“Una bella casa, un caminetto accanto al quale sedermi, un bel panorama persino quando li desidero sono pericolosi (dato che nascondono le sbarre di una gabbia). La mia interpretazione di ‘mettere radici’ è negativa; per me significa tagliarmi le vie di fuga, di comunicazione dal resto del mondo.”  Anaïs Nin, “Diario VI” (1955 – 1966)

 

“La stessa cosa che rende indistruttibile Henry è quella che rende indistruttibile me: è il fatto che il nucleo di entrambi sia uno scrittore, non un essere umano”. “Henry e June” (1931-1932)

I diari di Anaïs Nin, oggi, sono tradotti in molte lingue. I 150 volumi, le 35.000 pagine di questa grande opera sono custoditi nello Special Collection Department dell’UCLA, a Los Angeles. Il successo editoriale dei taccuini è enorme, e nessuno mette in dubbio la loro validità letteraria: ma non è stato sempre così.
Per raccontare la storia dei diari occorre tornare indietro…

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Si svelano gli enigmi difficili

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Quando si presenta sul cammino qualcosa di inaspettato
di aggrovigliato
‘na cosa che non chiede udienza e capovolge
le regole che erano state accantonate sul divano
accanto al gomitolo e al ferro da calza, al fazzoletto,
in un primo momento la tentazione è di tagliare
con la scimitarra quel nodo segreto, fastidioso
che rovina la perfetta tramatura della stoffa
e ti proibisce di esercitare l’arte del controllo.

La saggezza su ali nere arriva sempre
ti afferra per i capelli, ti ricorda sferzante
che l’insegnamento ti verrà impartito dopo l’esperienza,
non prima, ottusa donna, settanta sette volte sciocca.

Infatti questa storia bizzarra ti ha portato
un cesto di intuiti novelli, di idee fresche;
le finestre della casa sono state aperte
tolte le sbarre, visitano la stanza
l’aria, il sole, e soprattutto il vento.

E poi, in un punto impreciso
fra lo splendore di una supernova e l’entrata della galassia delle Torri d’argento
lui ti ha amato davvero, e ha posato le labbra sulle tue
con la delicatezza dell’ala di farfalla.