Il destino


Tu, ignaro, credi di controllare il giorno
ma mentre, pieno di te stesso, cammini per la strada
molto più in alto dell’azzurro il calderone del fato
prepara quello che molto presto ti accadrà.

Il destino è fatto di strisce di tessuto, guanti di pelle nera
un pugno di stelle di lamiera
e una ciotola di riso.

Le donne del destino ridono di te, illuso di contare nelle scelte
e impastano la torta dentro la stanza blu.

Quando ciò che deve accadere sta iniziando
non ti mettono nessun impedimento
anzi, accendono gli incensieri, pregano senza parlare.

Se stai sbagliando vicolo, ti intrattieni con qualcuno da poco
suonano la grancassa da lassù, ti mostrano il vero.

Quando hai fatto quell’incidente, erano loro a parlare.
Sei rimasto illeso, ma non mancava la traccia di un messaggio:
“Non imboccare più quella strada, se tieni alla tua vita.”

Un’altra volta prese fuoco la tua giacca
alla festa di qualcuno che sarebbe stato meglio evitare.

Quando scegli con saggezza, al contrario,
le tre donne ti toccano la spalla
con un’ala rosa, e agitano il ventaglio.
Si sparge per l’aria profumo di giglio e di violetta.
Ti esplode nel petto un senso di felicità, di pienezza.

Ridono sommesse, le tre donne
la più anziana e autorevole lo dice:
“Stavolta ha visto bene, nostro figlio
lasciamolo giocare. Lasciamolo sperimentare.
Lui ancora non lo sa
ma sarà dura la notte che verrà”.

Cosa porti con te

La cucina con armadietti giallo limone
Il televisore con il tubo catodico
l’appartamento al terzo piano in Piazza Mazzini
prima del trasloco nella nuova casa

lasciali andare

Il salotto dove hai visto, in piedi, Il corsaro nero
la camera da letto dove dipingevi
con i colori rubati a tua sorella.

Lasciali andare
il salotto pieno la domenica, la zia che aspetta ansiosa
dai nipoti distratti i complimenti
sui cannelloni ripieni che cucinò con amore.
Zia Elisa, che ti raccontò quanto era sola
“a volte vorrei abbracciare la bombola d’ossigeno”
solo cinque anni dopo.

Per non parlare degli amici e dei nemici incontrati.
Se li posassi su un quadrato di terra
comporrebbero il popolo di una città.

Gli oggetti, dal grande al piccolo. L’intera scuderia.
Le pettinature. Le grucce degli abiti
Gli specchi, quelli rotti e quelli che si sono conservati.

Tutti gli amori, anche gli insignificanti
I più pestiferi. Gli orgogliosi.
Fanno radici, crescono sottoterra.

Non fai sbiadire nulla:
i tradimenti, il sentimento dell’assurdo, le stanchezze, il tempo perso.

Ricordi ogni insegnante.
Le voci non riposano, continuano ad andare
come il disco di vinile rotto, e invece
lasciali andare, lasciali macinare come farina grossa
che diventa lieve, poi vapore
alla fine scompare.
Lasciali andare.