La casa della luce

Quando il buio cala, ogni volta che vuoi
puoi ritornare nella dimora del tempo perduto.

Il pensile della cucina
ha sempre quel graffio vicino la maniglia
il cassetto delle posate non si chiude come dovrebbe
la tovaglia sbiadita da troppi lavaggi
è stampata con fragole
e tralci di vite.

Le care ombre
apparecchiano la tavola.

Puoi sederti
e desinare con loro
per riprendere fiato
dall’incuria del mondo.

Le estati a casa dei nonni

Torre dell’Orso. 1975


Zia Ina ha ddumato il fuoco sotto la quatara all’alba
le donne girano e votano i turcineddhi sulla brace senza scottarsi le dita.
Come api, sciamano per la casa.
Zia Tonina pigghia le paparine dall’orto
le ricovera nel cavo del grembiule alzato. Si ferma. Guarda lu sule schermandosi
gli occhi con la mano.
Il servizio comincia: dalla finestra ad arco della cucina nonna Tina passa i piatti
alle piccinne nel corridoio.
Vanno serviti prima gli uomini
con piatti ricolmi, perché mangiano doppio, li masculi.
Poi tocca alle femmine, e solo alla fine del giro
la nonna si siede accanto a nonno Ettore. Ma non si regetta.
Eccola ripartire per prendere un cestino di pane.
Un fiasco di mieru per maritusa.
Zio Aldo vuole il bis della ciceri e tria.
Dopo mangiato Felice, Aldo, Ettore, Gino, Ninni bevono il caffè Quarta
fatto con la moka, fuoco basso;
poi celebrano il rito dell’Amaro Cora
servito nei bicchierini sul vassoio da nonna.
Dopo, nella contr’ora, seguono sculacchiati davanti al televisore

– l’ultimo modello che ha comprato il nonno, quando è sciuto a Bari –
il Giro d’Italia.

Le donne, nel retro, lavano i piatti copputi e spasi nella pila
una insapona, l’altra sciacqua, l’ultima asciuga.