Quando il buio cala, ogni volta che vuoi puoi ritornare nella dimora del tempo perduto.
Il pensile della cucina ha sempre quel graffio vicino la maniglia il cassetto delle posate non si chiude come dovrebbe la tovaglia sbiadita da troppi lavaggi è stampata con fragole e tralci di vite.
Le care ombre apparecchiano la tavola.
Puoi sederti e desinare con loro per riprendere fiato dall’incuria del mondo.
Zia Ina ha ddumato il fuoco sotto la quatara all’alba le donne girano e votano i turcineddhi sulla brace senza scottarsi le dita. Come api, sciamano per la casa. Zia Tonina pigghia le paparine dall’orto le ricovera nel cavo del grembiule alzato. Si ferma. Guarda lu sule schermandosi gli occhi con la mano. Il servizio comincia: dalla finestra ad arco della cucina nonna Tina passa i piatti alle piccinne nel corridoio. Vanno serviti prima gli uomini con piatti ricolmi, perché mangiano doppio, li masculi. Poi tocca alle femmine, e solo alla fine del giro la nonna si siede accanto a nonno Ettore. Ma non si regetta. Eccola ripartire per prendere un cestino di pane. Un fiasco di mieru per maritusa. Zio Aldo vuole il bis della ciceri e tria. Dopo mangiato Felice, Aldo, Ettore, Gino, Ninni bevono il caffè Quarta fatto con la moka, fuoco basso; poi celebrano il rito dell’Amaro Cora servito nei bicchierini sul vassoio da nonna. Dopo, nella contr’ora, seguono sculacchiati davanti al televisore
– l’ultimo modello che ha comprato il nonno, quando è sciuto a Bari – il Giro d’Italia.
Le donne, nel retro, lavano i piatti copputi e spasi nella pila una insapona, l’altra sciacqua, l’ultima asciuga.
L'uomo abita l'ombra delle parole, la giostra dell'ombra delle parole. Un "animale metafisico" lo ha definito Albert Caraco: un ente che dà luce al mondo attraverso le parole. Tra la parola e la luce cade l'ombra che le permette di splendere. Il Logos, infatti, è la struttura fondamentale, la lente di ingrandimento con la quale l'uomo legge l'universo.