Dove sei andato?

La tua assenza non racconta storie alle foglie
alla lavanda giovane
ai chicchi di grano
prima dell’alba hanno visto sparire
i tuoi lunghi capelli e la fronte da indiano
parla del tuo giudizio la tazzina del caffè
il taccuino lasciato aperto
il tabacco sparso fra le briciole di pane
lo specchio non riflette la tua fonte
ti chiama la frase spezzata in due
il finale del racconto da fabbricare
al fischio di partenza delle bugie
siamo rimasti soli, senza arte né padre
ma io cado senza farmi male
tuffandomi dal quinto piano
affido tutto al cielo, spariglio le carte dei tarocchi
affido alla luce piena il nécessaire
parto per l’avventura
come fece la mia musa negli anni sessanta
prima di cominciare sul binario d’acciaio
la vita vera.

La stanza grigia

Ad ogni buon conto
tu sei un appartamento
con molte stanze.


Nel soggiorno con scaffali pieni di libri
poltrone comode
mi hai invitato molte volte
per conversazioni amabili
sfide d’intelligenza.


Hai servito sul tavolo
spaghetti al pomodoro in piatti da osteria
per dividere con me l’amicizia
nella cucina abitabile.


Mi piaceva l’abbaino con i fiori
della tua mansarda:
potevo affacciarmi e guardare
con i gomiti appoggiati
un orizzonte ampio.


Un giorno ho aperto la porta
della stanza grigia.
Non c’erano le donne di barbablù
non ci avevi appeso trofei
o teste mozzate.


Ho visto un vaso di pandora
al centro del pavimento a mosaico.
L’ho scoperchiato, naturalmente:
è volato fuori un mare d’ insensibilità
la tua infanzia fatta a pezzi
e un vento freddo mi ha segnato il viso.


Sei un appartamento
con molte stanze, temperature diverse
verrò a trovarti ancora qualche volta.
Imparerò a difendermi dal vento.