Edgar Pangborn, Pianeti allo specchio. Diamanti della letteratura.

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“La conoscenza e’ vera solo se e’ conoscenza delle cose e non dei nomi che le indicano”
(Socrate nel Cratilo di Platone)

Pianeti allo specchio di Edgar Pangborn (1954) e’un libro di piccole dimensioni, che gli bastano a filtrare una saggezza densa, che si distilla anni e anni dopo che lo si è letto.

Si tratta della narrazione pacata di un marziano che rappresenta con altri suoi simili la parte luminosa di una protezione accordata da secoli agli esseri umani, in lotta quasi silenziosa con la parte oscura di altri marziani creatori e protettori di dittatori, di poteri neri, amanti della distruzione.

I marziani sembrano in tutto e per tutto esseri umani, ma il loro cuore batte in modo rallentato, e il loro sangue e’ arancione.

Il marziano bianco ha seicento anni, l’eta’ piu’ avanzata per uno di loro – e sta per morire, ne viene a conoscenza perché nello specchio dove può incrociare la visione del futuro, a un certo punto del romanzo, non vede piu’ il suo viso riflesso.

Non ne parla ai suoi giovani umani con cui sta passando una splendida giornata, su un prato della dolce terra, per non turbarli: tanto, ha gia’ fatto per loro tutto quello che era necessario fare.

Nel libro viene citato a più riprese il Cratilo di Platone, per ricordarci dell’importanza della verita’, del difficile collegamento esistente fra i segni e le cose.

Uno dei compiti più importanti del protagonista è quello di vegliare sulla crescita di giovani uomini e donne di talento. In questo modo e in molti altri può correggere certi avvenimenti e scongiurare l’imporsi dell’ombra.

E’ la metafora dell’esistenza di entità superiori raccontata senza risparmiare i dettagli dell’infiltrarsi della storia e dei suoi abusi nella vita degli uomini.

E’ un breviario sulla compassione; alla fine di scontri e di vicende tragiche il fiore per l’amore per l’umanità germina in modo inarrestabile nel protagonista, che riesce a compiere un salto oltre il bene e il male e a narrarcelo con semplicità estrema, confessando a se stesso di amare in modo straziante l’umanità, quelle brevi vite – di poco meno di cent’anni al massimo – di cui e’ stato mentore per secoli.