La mia mamma

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Le generazioni si alternano con passo così lento che, in un mattino di aprile, scopri che tua madre è diventata una donna anziana, di colpo.

Nell’alba di un sonno serale cerchi per casa la sua assenza

‘formichina, formichina, dove sei?’

e non riesci a svegliarti, non prima di averla rivista, in piedi accanto allo scaffale dove riponi le conserve, tonno, riso, pasta, ceci e lenticchie, aurata di luce leggera, sfocata, come se si fosse rivelata a te solo per l’anima di gazzella che ha, in purezza.

Com’è bella tua madre, mi dicono tutti dopo averla incontrata la prima volta, ed è arcano il mistero per cui lei rimane attraente dietro le rughe.

Si supplica la madre di rimanere qui per tutto il tempo possibile, come si chiedeva la mattina prima di andare a scuola, il panino con la nutella.

Non è da tutti avere qualcuno come lei a sorvegliarti l’esistenza anche da lontano. Se si concentra, sa sempre cosa mi accade.

Quando avevo sette anni mi seguiva se mi allontanavo per esplorare le strade accanto al Cesare Battisti senza farsi vedere, per darmi spazio, per farmi provare cosa si sente a camminare da soli.

Infatti ce l’ho fatta, sono qui a curarmi ogni ferita; so uscire dalle trappole; so godere del pranzo che mi preparo con cura.

Finché non mi addormento.
Per sognare la mamma.

Buon anniversario. Un brindisi alla purezza

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Nel caffellatte la mattina
si ama aggiungere alla purezza un colore terroso e amaro.
Nel vostro matrimonio l’acqua trasparente andò ad abbracciare acqua chiara
Il bianco si inanellò ad altro bianco, avanzavate per mano su un molo sconosciuto, che altri avevano segnato con quell’arroganza chiamata decisione: voi sempre seguendo i Padri e l’onore.

Non si sapeva a quei tempi che aveva forse qualche ragione compiere dei passi verso soddisfazioni personali. Si incenerivano le ambizioni al focolare di famiglia.

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Avete insegnato solo purezza alle vostre figlie, senza affettazioni o prese di posizione pedagogiche, esistendo così, semplicemente: chi è che si prende la briga di indignarsi gridando che fu troppo poco?

Dico che fu un bel matrimonio, che se anche se lui fu troppo rapido ad andarsene – sono quasi vent’anni- io dico che questo oggi è ancora un buon anniversario.

La bambina e la maestra delle elementari

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La maestra ha dato un bel compitino da fare.
Lecce: terza elementare, edificio enorme dai soffitti alti, costruito ai tempi del fascismo.
Banchi verde chiaro in formica, che conservano ancora il posto a destra in alto per il calamaio.

I bambini frusciano con le maniche dei grembiulini, sussurri e risatine, in attesa di nuovi ordini.
Fra un mese e’ la festa del papà.

Il lavoretto da preparare e’ un quaderno da costruire con le proprie manine, che verrà poi rilegato come se fosse un libro.
All’ interno vi saranno poesie e immagini ritagliate e incollate con pazienza. Fiori, tanti fiori.

La maestra è una donna sui cinquanta anni, poco attraente, con il naso aquilino. Tutta la sua vita sono i bambini. Ma non li accarezza mai, e sorride poco.

– Non dovete portare a casa il lavoretto prima del giorno di festa. Mi raccomando!

Mi raccomando, ha detto la maestra.

Una bambina con le guance tonde e le trecce nere, pero’, non resiste. Porta a casa il lavoretto ancora da terminare e lo mostra alla mamma.

La mattina dopo lo dimentica nel cassetto, sotto il televisore, dove l’aveva nascosto con cura per timore che papà lo vedesse prima del tempo.

La bimba si avvicina alla cattedra dove si scusa timidamente con la maestra.

Ma l’ira della maestra e’ una lava che scende inesorabile. E’ fuori di sè. Alza la voce. Reitera e reitera le accuse. E’ giuria e giudice e pronuncia la condanna: la bambina non farà piu’ il lavoretto per la Festa del Papa’ .

Restera’ a guardare gli altri nella settimana che manca per finirlo, in punizione, senza far nulla.
La bambina resta in silenzio per tutti i giorni successivi. E’ una ragazzina molto fiera, non si lamenta mai, non dice mai nulla a sua madre che possa preoccuparla.

Ogni pomeriggio, tornata a casa, aggiunge con la colla un ritaglio di giornale al libretto per il papa’. Disegna delle figure, dei cuori. Scrive delle poesie nei margini.

Il penultimo giorno la maestra cambia idea. Forse, a farla decidere sarà stato lo sguardo della bambina che con le braccia conserte mostra un’ombra di tristezza troppo profonda, a tratti, mentre guarda i suoi compagni lavorare e fare chiasso.
Chiede con aria brusca alla bambina di portarle il libretto che ha lasciato a casa.

Il giorno dopo, osserva senza parlare le pagine riempite tutte dalla grafia incerta e da tanti disegni vivaci.
Stavolta non la redarguisce.
Comunque, e’ troppo tardi per mettere a posto il libretto.

Guance paffute occhi neri e’ profondamente cambiata, in quei giorni, anche se ancora non lo sa.

Ormai la bambina ha imparato a sopportare l’enorme dolore di non rientrare nelle file dei compagni e delle righe geometriche dei banchi.

E’ sopravvissuta alla prova.
Ha acquisito il potere di resistere, di potere compiere un lavoro da sola.

Sa che davanti a un ostacolo, si puo’ costruire una galleria con le proprie mani.

Non lo sa ancora, ma le servirà , nel suo futuro molto difficile, poco benevolo.
In più, ha acquisito ormai la consapevolezza che ci si può sentire esaminate e giudicate molto “cattive” e non morirne.

Però, se le capita di ricordare la storia del libretto per la Festa del Papa’ , ancora calde lacrime – strane – le rigano le guance.
Anche se accadde tanti, tanti anni fa.

Buon compleanno mamma. Le battaglie di Luciana

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1980. Mia madre si trucca davanti allo specchio. Sulla guancia bianca un’onda lucida di capelli nero- inchiostro, un viso d’attrice; denti bianchissimi.

Usa per curvare le ciglia un attrezzo di metallo che sembra uno strumento di tortura.

La osservo. Incantata di avere una madre così bella, elegante;piena di luce.

Mia madre uscì dal ventre di sua madre in una mattina gelida del 1938, nella caserma dei carabinieri di Mola di Bari.

Suo padre era disteso in un lettino ai piedi del letto matrimoniale: ne avrebbe avuto solo per altri tredici giorni.

Pia, la sposa del maresciallo di Mola, minuta e bellissima, stava per perdere un marito e tutti i vantaggi della sua posizione; a trentadue anni, e con tre figli piccoli.

Mia madre Luciana iniziò la vita fra lacrime e valigie: sulle guance della neonata soffiava il vento di gennaio mentre in braccio alla vedova del maresciallo Aldo Migliardi aspettava il treno per Lecce.

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Da adolescente, Luciana si ammalò di tifo.
Mi racconta delle preghiere di sua madre in ginocchio davanti al letto; transitava la processione della madonnina del quartiere sotto i balconi del palazzo.
“e poi alla fine sono guarita, nessuno se lo aspettava”

Quando diventò una ragazza, bella e svelta come una gazzella, prese il diploma magistrale e andò ad insegnare in un paese dove un uomo che non le piaceva affatto la corteggiava; una volta le lanciò una pietra che schivò di poco.
Aveva paura, dormiva in una stanza enorme di una vecchia casa che le sembrava spettrale.

Tornò trasformata da quella prima prova da maestra elementare, era abituata a prendere tutto come una sfida, non si perdeva d’animo.

Luciana si sposò con l’uomo più intelligente e mite che conosceva, un uomo timido e serio.

madre e figlie

Voleva a tutti i costi dei figli. Tre parti: ad ogni parto ha rischiato la vita.

Felice aspettava nel corridoio ogni volta, terreo in viso, credendo di perderla, morendo di angoscia.

Mio padre, che nella vita ha amato solo mia madre.

Felice, lo sposo, le fu portato via una mattina d’agosto del 1989. L’armonia familiare fu distrutta come da un’esplosione. Finirono i tempi di una quotidiana felicità, cominciarono decenni difficili.

Arrivò per Luciana il momento di preoccuparsi per le sue figlie.
Prima era sembrato tutto così lieve, così naturale.

tre sorelle

Una era troppo triste, non superò mai la morte del padre. L’altra partì lontano dalla sua città; Luciana la comprendeva, ma non se ne faceva una ragione, le mancava troppo. La terza diventò il capofamiglia e dovette affrontare molte responsabilità e le sue paure più nere.

2015. Mia madre è bellissima. Ha gli occhi grandi e dolci, una postura aggraziata. Da anziana è vulnerabile, delicata: ispira a tutti un senso di protezione e un affetto impossibile.

Noi tre figlie seguiamo ogni suo respiro, ogni suo gesto, ogni battito; siamo innamorate della mamma.

Domani Luciana compie settantasette anni; combatte ogni giorno per non perdere l’uso delle gambe, delle braccia, per non arrendersi.
Vuole mantenere l’amore per la vita, non vuole permettere a niente di rubarglielo.
La sua fisioterapista è una valchiria, le dà coraggio.

Ora con lei c’è una badante molto dolce, si chiama Milly.

Mi dice al telefono: anche se non sto bene io non mollo.

contatto

Un giorno va meglio, un giorno si ferma e dorme troppo; la sua voce al telefono cambia a seconda della giornata, di come va; ma la sua grande energia non si spegne.

Ricordo che una volta chiesi a papà perché si era innamorato della mamma:

“Perché combatteva le sue battaglie”
mi disse.