Stamattina “Zona di disagio” ospita una mia recensione su Paul Auster e sul suo romanzo “L’ invenzione della solitudine”.
Scrivere recensioni mi piace QUASI come scrivere racconti. Soprattutto scriverle per la rivista “Zona di disagio” di Nicola Vacca, che ospita pensieri, riflessioni, collaborazioni “necessarie”. Chi scrive per queste pagine è appassionato di poesia, di Bellezza in modo disinteressato. Non è poco.
Oggi è uscita la mia recensione al libro di Paul Auster che preferisco: un pozzo nel deserto, una luce accesa nella penombra, la voce di un poeta che scrive per la prima volta un romanzo, e ci parla sommessamente di sé, della morte, dell’amore, del perdersi, del caso. Una summa dell’esistenza in poche pagine.Leggete questo libro, e questa rivista
Nessun romanzo scritto da Paul Auster dopo “L’invenzione della solitudine” mi ha fatto innamorare dello scrittore come questo libretto, cominciato in modo dirompente dopo la morte del padre (1979); la sua prima prova di prosa, che pubblica nell’82.
La partitura de “L’invenzione della solitudine” è unica: la prima parte, “Ritratto di un uomo invisibile”, è raccontata in prima persona; la seconda parte, il “Libro della memoria” è scritta in terza persona. Il libro viaggia fra generi diversi: interrompono il ritmo della narrazione citazioni letterarie, brani cronachistici tratti da giornali, frammenti di diario, saggi.
Nel periodo in cui lavora al testo, Auster si occupa, fra altri, di Blanchot, che aveva introdotto il concetto di “scomparsa” intesa come funzione essenziale nell’organizzazione e nella costruzione della scrittura; infatti, questo libro nasce dalla necessità di far fronte proprio ad un’assenza: quella del padre.
Il lutto improvviso è pretesto narrativo per tentare di ricostruire la…
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Un pensiero riguardo ““L’invenzione della solitudine” di Paul Auster: l’assenza del padre”