La madre allo specchio

Le tue mani erano sempre là
come una chiesa, come il dottore.
Mani da gigante buono
a tagliarmi la mela in piccoli pezzi
a pettinarmi i capelli iraniani, alleviare i nodi
della mia ribellione.

La sera se con il padre uscivi
sparivi dalla mia vista
diventavate come dio: toccava aver fede
nel vostro ritorno.

Ogni tanto morivi, un’ambulanza per te sotto il condominio
uno choc anafilattico dal dentista
strani sintomi da pesce stanco.

Ti bruciavi mentre cucinavi, ti fabbricavi sul polso
bolle d’acqua,
la tua anca era molto debole.

Mi preparavo come un eroe ad abbandoni futuri
mettevo provviste per sopravvivere nel cestino dell’asilo.

Rifiorivi sempre, invece.
Mentre assolvevi al rito del piegaciglia
eyeliner argento sulle palpebre
in abiti da regina
mi appoggiavo muta sullo stipite della porta
imparando solo per l’atto di guardarti
ad essere femmina.

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